mercoledì 25 febbraio 2009

martedì 24 febbraio 2009


Caro Hla Too,


ti scrivo nella speranza che qualche staffetta riesca a raggiungerti con questa mia.

Non ho più avuto notizie dal giorno in cui ho lasciato quell’angolo di giungla dove ci incontrammo ed ebbi l’onore di divenire tuo amico. Me ne andai di corsa, sulla barca del sergente che urlava di sbrigarsi, perché il nemico era vicino. Non ebbi il tempo di salutarti come avrei voluto, con le parole e quel po’ di retorica che concludono sempre i bei romanzi di avventura.

Riuscimmo solo a scambiarci un cenno con la mano. Io su quel traballante pezzo di legno che mi riconduceva verso un luogo sicuro, tu su di una mulattiera su cui ti arrampicavi portando un fucile che mi sembrava troppo grande per i tuoi 12 anni.

Ti scattai questa foto.

Si potrebbe credere che l’immagine di un bambino armato susciti sempre commozione: invece qui da noi molti hanno pensato che tu fossi uno dei soliti selvaggi che fanno la guerra per una naturale inclinazione alla violenza dei popoli poco civilizzati.

Ignorano, o fingono di ignorare, che la tua guerra ha protagonisti che parlano l’inglese di Oxford, che tengono lezioni ad Harvard, che pontificano sul Washington Post, colletti inamidati dal sorriso rassicurante che ti uccidono per rialzare di mezzo punto la quotazione di un titolo.

Un titolo sul quale io stesso avrò magari investito i miei risparmi.

La tua foto mi fa tornare alla mente altri giovani e giovanissimi che ho incontrato in ogni dove, immersi in conflitti che le inesorabili logiche del supermarket globale contribuiscono a ravvivare.

Qui c’è un gasdotto da far passare, là del petrolio da estrarre, laggiù dei diamanti, e ancora platino e poi oro………

E’ così in Birmania, è così in Afghanistan, in Tibet, nell’America Latina delle comunità tradizionali, nella Palestina dell’apartheid.

Dovrei dirti che i giochi sono oramai fatti, che nel mondo che conta si è deciso che l’uomo, semplicemente, sparirà per far posto al consumatore, e che le nazioni avranno dignità solo se diverranno dei grandi mercati popolati da remissivi acquirenti.

Invece, la tua gente, che ancora si batte per non cedere al petroliere di Dallas, al faccendiere di Tel Aviv, all’industriale di Torino la terra sacra in cui riposano gli antenati, mi consente di sperare.

Lo spirito di questa lotta è in fondo tutto quello che resta di un mondo migliore, che una “gioiosa macchina da guerra” ha il compito di distruggere.

Ti aiuterò, Hla Too, perché mentre io parlo tu muori di malaria, perché mentre io impreco contro i mali del mondo seduto al tavolino di un bar, il tuo villaggio viene dato alle fiamme, perché mentre io resto prigioniero del nulla, tu avanzi su di una mulattiera verso morte o libertà.

Ti aiuterò, perché se sopravvivrai alle prove spaventose che ti attendono, tu diverrai uomo.

E un giorno, potrò forse mostrare a mio figlio che è ancora possibile voltare le spalle alle schiere chiassose dei mercanti, ricordando, con orgoglio, di appartenere, da sempre, ad un'altra stirpe.


tratto da: http://www.comunitapopoli.org/


SOLIDARIETA' AL POPOLO KAREN

I Karen, una delle principali etnie che compongono il mosaico birmano (circa sei milioni su una popolazione di 44 milioni di abitanti), lottano dal 1949 contro il governo centrale di Rangoon per ottenere l'indipendenza e preservare la loro identità.
Originari delle steppe della Mongolia e degli altipiani del Tibet, i Karen arrivano nei territori che oggi costituiscono la Birmania dopo una lunga migrazione durata duemila anni. Nella loro discesa a sud scoprono i grandi fiumi Irrawaddy e Salween che si insinuano attraverso gli ultimi contrafforti della catena himalayana. Primi abitanti delle vaste pianure situate all'estuario di questi fiumi, vi si insediano nel 730 Avanti Cristo vivendo in pace per due secoli, fino all'arrivo dei Birmani che invadono le terre dei Karen costringendoli a rifugiarsi sulle montagne al confine con il Siam (l'odierna Thailandia).

Inizia lo scontro tra i due popoli. Le pianure conquistate dai Birmani sono fertili, le montagne dei Karen non offrono molte risorse. La frattura si fa via via più profonda nei secoli a seguire. Durante il periodo coloniale britannico avviene la cristianizzazione di una parte della popolazione Karen per opera di missionari battisti. L'eredità dell'evangelizzazione si evidenzia in un 30% di Karen tutt'ora fedeli al Cristianesimo. Quando nel 1947 l'Inghilterra lascia la Birmania, il primo responsabile politico del nuovo paese, il Generale Aung San, propone una costituzione che prevede entro i dieci anni successivi il diritto di ogni gruppo etnico a separarsi dall'Unione e di ottenere piena indipendenza. Il disegno non viene realizzato, perché Aung San viene assassinato durante un colpo di stato che porta al governo una giunta militare che ben presto provoca la reazione armata dei Karen e delle altre etnie.

Da allora, i popoli delle montagne hanno combattuto senza sosta per l'indipendenza.
I Karen hanno condotto la loro lotta rinunciando per ragioni etiche ai facili guadagni derivanti dal traffico di droga, a cui si oppongono con esemplare rigore.

tratto da: http://www.comunitapopoli.org/

leggi il documento in formato Pdf della Comunità Solidarista Popoli:
http://www.comunitapopoli.org/UN_ANNO_DIFFICILE.pdf
per informazioni clicca su:
www.bloccoavellino.blogspot.com

sabato 21 febbraio 2009

Leggi il nuovo numero del bollettino nazionale non conforme.
Clicca sull'immagine a lato e scarica
FARE QUADRATO!

venerdì 20 febbraio 2009






Manifesto del Futurismo
Le Figaro - 20 febbraio 1909
Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

Il coraggio, l'audacia, la ribellione,
saranno elementi essenziali della nostra poesia.



La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità penosa, l'estasi ed il sonno.

Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.

Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità.
Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo...
un'automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.

Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.

Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

Non v'è più bellezza se non nella lotta.

Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro.

La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.

Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!

... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri.
Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.

Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.

Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa:

canteremo le marce multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne;

canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari.

Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri.
Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.


Filippo Tommaso Marinetti

mercoledì 18 febbraio 2009

venerdì 13 febbraio 2009

Su Morucci a Casa Pound Replica a Liberazione da parte di un compagno,
già dirigente di Rifondazione Comunista.

A: lettere@liberazione.it

Caro direttore,

venerdì scorso io uomo di sinistra sono andato a Casa Pound ad assistere al dibattito con Valerio Morucci, di cui è apparso su Liberazione un resoconto a firma Frida Nacinovich. Il dibattito è stato all'altezza delle attese, molto partecipato, Morucci ha pronunciato frasi significative, definendosi nemico che parla a nemici: "Io che ho discriminato e che ho ostracizzato sono venuto a dire che nessuno deve essere ostracizzato e discriminato." Devo dire che da ormai ex militante del PRC fin dalla sua fondazione (già dirigente del partito e consigliere comunale), ritiratosi dalla politica attiva dopo il congresso di Chianciano, condivido lo spirito dell'iniziativa di superamento degli odi e contrapposizioni violente degli anni settanta. I ragazzi di Casa Pound di cui ovviamente non condivido i riferimenti storici, hanno dimostrato di essere veramente lontani da molti stereotipi, se è vero come scrive la Nacinovich che alcuni vestono la mimetica e portano i capelli molto corti, c'è da dire che sono anche sorridenti e disponibili a parlare, quanto di più lontano dai lugubri picchiatori in camicia nera di un certo ideal tipo. Secondo me, se "i fascisti del terzo millennio" di Casa Pound e del Blocco Studentesco sono aperti al dialogo ed al confronto, hanno il nostro stesso diritto di potersi esprimere liberamente e sbaglia chi a sinistra, che reputo ancora la mia parte politica, rifiuta il dialogo con loro preferendo ripetere vecchi slogan e riesumare vecchi schemi dell'antifascismo militante, di cui francamente nel 2009 faccio fatica a vedere l'attualità.

mercoledì 11 febbraio 2009

lunedì 9 febbraio 2009





E NOI SIAMO ANCORA QUI!

una poco clemente giornata coperta e lievemente piovosa ha bagnato il sentito ricordo dei martiri infoibati in quel di Frattamaggiore (NA), organizzata dalla rappresentanza del Liceo Scientifico Miranda del Blocco Studentesco.
Circa una settantina di unità si è mossa dal piazzale antistante il Liceo fino alla piazza ove ha sede il Comune, in un turbinio di tricolori e senza insegne di partito.
Un ricordo a cui tanta gente curiosa ha risposto chiedendo spiegazioni, cosa che dimostra quanto si vogliano coprire le colpe, pesantissime, di chi ha amministrato finora "la memoria"
Un sentitissimo presente anche ai caduti della Grande Guerra, che per quelle terre versarono il loro sangue fino all'ultima goccia.


ISTRIA, FIUME E DALMAZIA, NE' SLOVENIA NE' CROAZIA
TERRA ROSSA, TERRA ISTRIANA, TERRA MIA,
TERRA ITALIANA!




sabato 7 febbraio 2009

martedì 3 febbraio 2009


Per il secondo anno consecutivo Casa Pound Italia, Radio Bandiera Nera, Novopress e No Reporter organizzano la manifestazione virtuale in memoria dei Martiri delle Foibe, quest’anno intitolata:


“10 FEBBRAIO: LA VERITA’ NON PUO’ ESSERE INFOIBATA”

Ai fini di sensibilizzazione nei confronti di un argomento tra i più scomodi, martedì 10 febbraio 2009 alle ore 11 centinaia di siti internet, blog e forum corredati di Tricolore listato a lutto osserveranno un’ora di silenzio nel rispetto dei connazionali caduti per mano degli assassini titini.

In un Paese che con piede incerto muove i primi passi verso la verità storica e che in ogni sede, dalle istituzioni politiche alla scuola, tende ad insabbiare con troppa disinvoltura i lati oscuri del proprio passato mediante la censura culturale e la minimizzazione dei tragici eventi che a partire dall’8 settembre 1943 colpirono la comunità italiana di Istria, Dalmazia e Friuli-Venezia Giulia; in un Paese sull’orlo di una crisi che fa impallidire la memoria storica di chi ci ha preceduti; in una terra ai limiti del collasso, in cui forze fresche hanno deciso di alzare la testa, l'affermazione “LA VERITA’ NON PUO’ ESSERE INFOIBATA” è un atto rivoluzionario che intende contribuire a riscattare le migliaia di Italiani infoibati dalla furia slavo-comunista.
È scandaloso che a più di mezzo secolo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ricercare e affermare la verità storica sia da più parti considerato alla stregua di un reato d’opinione.
È aberrante che i più giovani ignorino, per deficit didattico e talora ostruzionismo di una classe docente ideologizzata, la portata devastante dei fatti in oggetto.
È storicamente ed eticamente ingiusto che non si possa a tutt’oggi dire le cose come stanno e fare il punto su due parole scomode: “pulizia etnica”, perpetrata ai danni della popolazione italiana del Nord-Est, che ha dovuto subire rastrellamenti, deportazioni, torture e esodi di massa.

Manifesta il tuo dissenso: appuntamento in rete martedì 10 febbraio alle ore 11 per ricordare agli Italiani che la verità non può essere infoibata e che
in un mondo di menzogne, dire la verità è un atto rivoluzionario.”

E' richiesto il massimo grado di partecipazione, unitamente alla consapevolezza di essere parte di un organismo chiamato Nazione.


Casa Pound Italia
[ http://www.casapound.org ]

Radio Bandiera Nera
[ http://www.radiobandieranera.org ]

Novopress Italia
[ http://it.novopress.info ]

No Reporter
[ http://www.noreporter.org ]