domenica 15 febbraio 2009

4 commenti:

  1. BASTA VIOLENZA SULLE DONNE!

    RispondiElimina
  2. Marco lo ricordavo perfettamente: un ragazzo tenace e dignitoso che passò qualche tempo con noi a Terza Posizione. Ci era venuto insieme a Claudio, il quale in seguito divenne uno dei nostri quadri migliori. Entrambi erano al Prenestino, due anni prima, quella sera di novembre in cui Mario Zicchieri morì dissanguato, a sedici anni, per un'esecuzione attuata con fucili a pompa. Claudio rimase miracolosamente incolume e Marco invece fu leso al ginocchio e alla mano e intraprese un vero, interminabile, calvario di riabilitazione. L'ho rivisto trentadue anni dopo, ieri sera, a Casa Pound ad ascoltare colui che ha sempre ritenuto essere il suo attentatore e l'assassino del suo giovanissimo amico.

    Il covo dell'intolleranza

    Casa Pound, che un pugno di idioti e di ignoranti continua a definire “covo d'intolleranza” era gremita di gente d'ogni età e colore. Relatori a tutto campo (Gramazio, Mellone, Tassinari, Mughini e Morucci coordinati dal caporedattore de l'Occidentale, Carlomanno Adinolfi), avevano richiamato spettatori di ogni generazione. Nella sala principale, riservata ai giornalisti e alle persone che avevano il diritto, per l'età, di assistere in prima fila al dibattito che verteva sì sulle carceri ma avrebbe sicuramente affrontato gli “anni di piombo”, c'erano rappresentanti di ogni ambiente politico, da tutte le destre a Rifondazione e Sinistra democratica. Il megaschermo era stato installato in un altro paio di aule e in più c'era la gente sulle scale; ci saranno state quattro o cinquecento persone. E quasi tutte le tesate e le agenzie giornalistiche circondavano il tavolo delle conferenze.


    Qual era l'aspettativa?

    Cosa aveva radunato tutta questa gente, quale aspettativa? Per alcuni di sicuro il gusto del proibito o la morbosa curiosità; per i più la sensazione che si stesse compiendo qualcosa di significativo. Ma che cosa? Semplicemente che un diavolo rosso in un inferno nero veniva per dire - e per sentirsi dire - quello che in tanti attendevamo da secoli. Non per porgere le scuse e per dolersi dell'averci odiato, non perché alla fine ci si abbracciasse tutti, lascivi e flaccidi, nell'inciucio grigio e buonista che tanto piacerebbe ai peggiori individui del nostro Paese. Per dirci, invece, gli uni e gli altri, da combattenti a combattenti, che non solo si può ma si deve essere diversi. Che nell'essere diversi si può essere nemici. E che, nell'essere nemici, non si deve assumere quella logica abominevole che fa del proprio nemico un subumano, un individuo eliminabile di per sé. Qualcuno che non ha diritto di vivere e che non si deve nemmeno ascoltare. Qualcuno sul quale l'ingiustizia è tollerabile. Qualcuno la cui vita vale quale quella di una mosca. “Una forma – ha detto giustamente Morucci – di cannibalismo pervertito perché il cannibale nel mangiare il fegato del suo nemico lo onora e invece, rispondendo a quella concezione (che, nota mia, è partigiana) che imperversò negli anni settanta si è approdati ad un cannibalismo senza onore. Sono oggi venuto a rendervi onore da nemico che vi rispetta e che si confronta con voi.”

    Per questo, più che per il resto, Morucci ha strappato gli applausi. Nulla a che vedere con l'immagine che qualche geloso beccamorto, mestierante scribacchino, ha voluto offrire insieme ad altre porcherie nella speranza di rompere - a destra - la solidarietà con chi avrebbe applaudito il carnefice.


    I fascisti della mia generazione

    Quello che la gente, quantomeno la gente fascista della mia generazione, ha apprezzato è stata proprio questa affermazione di dignità, ancor più del motivo stesso dell'incontro che, a prescidere dal tema, verteva sull'invito, fatto, di abbandonare la categoria imbecille e pericolosa dell'antifascismo, gabbia per sciocchi. Questo doveva essere l'evento clou della serata ma è stato superato in corsa; non solo dal finale in cui, con un intervento dal pubblico, si allargava il messaggio alla categoria di “ogni anti” (solo i deboli e i vuoti si manifestano per negazione, chi è afferma) ma soprattutto dalla rilettura delle categorie. Fino a ieri sembrava che chi si era scontrato dovesse ignorarsi o chiedere scusa di tutte le sue emozioni e di tutto il suo pathos. Invece la serata di Casa Pound è servita a restituire una concezione romana, e poi sacroromana, di combattimento.

    A quel punto neppure contava più il fatto che la mia parte non fu la prima a spargere sangue, non fu la prima a odiare, non fu la prima a uccidere e che fu quella più discriminata e ferita. E' un fatto, ma non importa, non se si ragiona da stoici, in quel caso conta come si agisce e non perché. Conta il nostro stile e non le ragioni che si possono addurre a giustificazione del suo abbandono.


    L'insegnamento di Marco

    Marco lo ricordavo perfettamente: un ragazzo tenace e dignitoso che passò qualche tempo con noi a Terza Posizione. L'ho rivisto trentadue anni dopo, ieri sera, a Casa Pound ad ascoltare colui che ha sempre ritenuto essere il suo attentatore e l'assassino del suo giovanissimo amico. E quello che è avvenuto dopo è stato notevolissimo e sono stato tra i pochissimi e fortunatissimi testimoni. Marco è davvero convinto che Morucci sia uno dei suoi attentatori, degli assassini di Mario. Sostiene che il processo non sia andato come doveva. Morucci al contrario giura di non entrarci per nulla. Lo ha ripetuto per mesi, guardando le persone negli occhi, infinitamente. Aggiungendo che questo non sminusce le sue responsabilità oggettive e che egli si sente colpevole anche per Mario, pur non avendo partecipato al suo vile assassinio. Difficile, io direi impossibile, che una persona riesca a mentire così, vieppiù se poi è stato assolto è inconcepibile condannarlo noi per partito preso. Marco ha chiesto di guardarlo da uomo a uomo e gli ha chiesto che gli parlasse di quel massacro. Morucci ha ribadito, punto per punto, parola per parola, quello che pensa della sua responsabilità in quella follia e Marco gli ha detto: “mi basta questo; sono passati trentaquattro anni e io combatto ancora. Sono passati trentaquattro anni e cerco ancora di incontrarvi ma siete sempre scappati. Sono stato allontanato anche dal processo. Ora volevo vedere uno di voi negli occhi e già questo mi basta. Tutto il resto, tutto quello che hai detto, mi va bene. Mi stava bene anche allora, figurati oggi”. Marco è un grande, anzi Marco è grandissimo. Ma anche Morucci ha avuto coraggio.


    Noi e la guerra

    Demagoghi, agit-prop, combattenti simulati e beccamorti non capiranno. Non hanno gli strumenti (e in certi casi non hanno la purezza d'animo) per capire. Quello che ci è piaciuto, quello per cui molti di noi hanno detto “sono stato felice di essere presente” è l'aver sentito il riconoscimento della dignità del combattimento. Noi fummo qualcosa di più che non una fazione di tribù urbana, fummo i cultori della metafisica della guerra, come via esistenziale dell'uomo in lotta con se stesso, ed è stato notevole assistere al recupero della sua essenziale, virile, nudità, una volta che nel confronto il velo bipartisan dell'idiozia è caduto. E forse (m'illudo) i trentenni mangiacomunisti che s'indignano quando lancio appelli per la giustizia a favore di ricercati rossi inizieranno a capire che non è per innamoramenti trasversali che lo faccio ma per adesione ad un'essenzialità che a loro sfugge. Così capiranno perché a quegli appelli partecipano persone che hanno ancora in corpo le pallottole sparategli da commandos omicidi comunisti, come è il caso di Miro Renzaglia, o militanti esemplari come Maurizio Murelli che, più volte, in carcere dovettero farsi largo a colpi di caffettiera bollente per evitare il linciaggio cui li avevano condannati compagni di prigionia perché i fascisti non dovevano vivere, neanche dietro le sbarre. Se i combattenti simulati, se gli aspiranti eredi di anni di cui non hanno che un'idea astratta, provassero a capirli, comprenderebbero anche il valore del messaggio di Marco che è di Vittoria mentre la loro ripetizione all'infinito dell'angoscia non è neppure una vendetta (che è una categoria importante) ma cecità mediocre.


    “Siamo nati in un tempo sbagliato ma siamo nati per davvero”

    E se osservasse bene questi comportamenti, forse Angelo Mellone rivedrebbe il suo giudizio così negativo sugli anni settanta e capirebbe cosa intendeva Ugo Maria Tassinari dicendo che almeno quella violenza aveva un senso mentre qualla quotidiana di oggi (da Guidonia a Nettuno) è priva di qualsiasi significato. Da quella violenza sono nate anche persone serenamente pacificate, magnanime (ossia di grande animo) che nessun beccamorto di scribacchino riesce a comprendere dalla sua bassa prospettiva. Il che non dico, sia ben chiaro, per riproporre la logica di quegli anni. Da tempo sto cercando d'impedire che ciò si ripeta, malgrado i vari Di Pietro o Ferrero per interessi partitici meschini niente facciano per ostacolarla. Ma ritengo giusto, più ancora che necessario, cogliere le altezze e le profondità esistenziali che quei tempi hanno prodotto, le grandezze dei Marco, che sono poi le stesse dei Volontari della guerra perduta. Ciò detto, preferisco mille volte chi, come Angelo Mellone, quegli anni li rifiuta a quelli che provano a rimetterli in scena come scimmie virtuali e scambiano gli atteggiamenti (ovvero le gabbie) con gli uomini (ovvero l'autenticità) nel giocare i loro war game semivirtuali di tribu urbana.

    Ieri a Casa Pound, nel “covo dell'intolleranza”, sono stato particolarmente bene, perché i Volontari della nostra guerra civile perduta, da tutti, hanno assaporato infine un forte gusto di autenticità.


    Gabriele Adinolfi

    tratto da NOREPORTER

    RispondiElimina
  3. IMMIGRATI: CASAPOUND MANIFESTA A MONTECITORIO, E' CATASTROFE SOCIALE POLITICA INTERVENGA

    IL PRESIDIO VENERDI' ALLE 10 DAVANTI ALLA CAMERA

    Roma, 18 feb. - "Una risorsa per chi li sfrutta. Una condanna per l'Italia. Basta Immigrazione!". E' lo slogan con il quale Casapound Italia sarà presente in piazza Montecitorio, sotto al Parlamento, venerdì 20 febbraio dalle ore 10. Un'iniziativa determinata dai recenti fatti di cronaca e ancor più, sottolinea Gianluca Iannone, presidente di Casapound Italia "dall'assoluta inerzia politica dinnanzi a un problema che assume sempre più i contorni della catastrofe sociale. Un problema rilevato dagli stessi organi dello stato al quale però si continua a non porre rimedio". Il riferimento è alle recenti dichiarazioni del rappresentante dell'Associazione Nazionale Magistrati dell'Emilia Romagna, Rossella Poggioli, la quale, a seguito delle polemiche relative alla violenza su una ragazza bolognese di 15 anni da parte di un tunisino clandestino appena scarcerato, ha dichiarato come "l'attuale assetto normativo non assicura l'effettivo allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri clandestini, in particolare di quelli che vengono denunciati o addirittura condannati per reati, adempimento la cui materiale esecuzione esula dalle competenze della magistratura''.

    "Quando - continua Iannone - pezzi dello stato, nella fattispecie la magistratura, alzano le mani dichiarando la propria impotenza rispetto a un problema che richiede l'intervento della politica, allora la politica deve fare la sua parte. E noi venerdi 20 febbraio saremo sotto al Parlamento per sollecitare quella politica che da oramai troppo tempo ha dimenticato che è al servizio del Popolo per risolvere i problemi del Popolo".

    "La politica e i politici - sottolinea ancora Iannone -devono dare un chiaro segnale contro lo sfruttamento dei disperati che cercano un'improbabile fortuna nel nostro Paese; contro il degrado in cui versano zone sempre più ampie del territorio oramai completamente abbandonate a se stesse; contro il dolore che deriva da chi subisce passivamente e senza colpe tutta questa tragica situazione. E' ora che il Popolo Italiano torni ad essere protagonista dell'iniziativa governativa e parlamentare. Le banche, la fiat, confindustria e tutta la compagnia danzante dei sindacati, possono aspettare. Ora viene l'Italia".
    L'appuntamento è per venerdi 20 febbraio alle ore 10 sotto il Parlamento in piazza Montecitorio a Roma.

    RispondiElimina
  4. Da Casa Pound, davanti a Montecitorio, posizioni costruttive e ragionate sull'immigrazione e non i soliti vaniloqui demagogici degli opposti ignoranti
    Presidio di Casapound Italia in piazza Montecitorio, sotto al Parlamento, per chiedere il blocco dei flussi migratori e dei finanziamenti a tutte le associazioni, laiche e cattoliche, che ''prosperano sull'immigrazione'' e la ''incoraggiano'', e la ''protezione dei mercati nazionali dalla concorrenza di chi sfrutta la forza-lavoro''. In una cinquantina, con un grosso striscione "Una risorsa per chi li sfrutta. Una condanna per l'Italia. Basta immigrazione", hanno manifestato venerdì dalle 10 davanti alla Camera per dire "Basta globalizzazione, basta immigrazione''. "Oggi siamo venuti qua perché chiediamo che ci sia un immediato blocco dell'immigrazione - ha detto Gianluca Iannone, presidente di Casapound Italia - Chiediamo questo per denunciare non solo la brutalità degli stupri avvenuti in questi giorni, ma anche il meccanismo che porta a queste cose e cioè: lo sfruttamento dei flussi immigratori da parte di alcuni enti religiosi e laici e degli industriali. Per anni ci hanno detto che l'immigrazione è una risorsa, ma non ci hanno detto per chi. Noi oggi siamo qui per dire che l'immigrato è un risorsa per quanti sfruttano manodopera a basso costo''. ''Vogliamo il blocco dell'immigrazione - ha chiarito Iannone - per tutelare i nostri lavoratori, le nostre città e le nostre famiglie. Si è innestato un gioco perverso: chi viene qui è affamato e chi è affamato è pronto a qualsiasi cosa anche ad accettare lavori infami, pagati pochissimo. Questo crea una concorrenza sleale sui posti di lavoro a discapito dei nostri lavoratori che non possono accettare salari da fame. Tra i manifestanti che per tutta la mattina hanno sventolato bandiere tricolori e di Casapound scandendo slogan come "Strutture e diritti per rom e clandestini, ma pochi asili nido per i nostri bambini'', un trentenne di Roma racconta: "Abito a Piazza Vittorio. La sera dopo le sette il quartiere non è più sicuro nè per noi e nè per i nostri figli. C'è molta gente sfortunata che vive per strada, e ubriachi accampati vicino alle giostre, dove portiamo i nostri bambini". Gli fa eco una ragazza da poco trasferitasi a Roma: "Non mi sento sicura, se esco dopo le 10 di sera ho paura di essere presa. Quello che mi fa rabbia è vedere che queste ragazze che hanno subito delle violenze avranno la vita rovinata per sempre. Lo so che la maggior parte delle violenze avvengono tra le mura domestiche, ma almeno chiediamo allo Stato di non aggiungere altri problemi facendo entrare immigrati quando non è in grado di accoglierli. Il problema è il loro sfruttamento, ma anche la nostra insicurezza". I manifestanti hanno anche diffuso un volantino in cui chiariscono la posizione di Casapound sull'immigrazione. Tra l'altro, si legge: ''Non scaricheremo su tutti gli immigrati le colpe di chi 'politicamente' campa sul disastro sociale, sulla guerra tra poveri, su quel clima d'insicurezza che serve per evitare che sia presentato il conto di una crisi ingestibile, la crisi delle banche e della finanza. Vogliamo uscire da questo dramma. E le ricette sono queste: protezione dei mercati nazionali dalla concorrenza di chi sfrutta la forza-lavoro ovvero impedire il commercio con quelle nazioni, anche europee, in cui i lavoratori non hanno le stesse paghe, tutele e garanzie dei lavoratori italiani; blocco totale dei finanziamenti a tutte le associazioni che prosperano sull'immigrazione'', ma anche ''blocco immediato dei flussi migratori'', perché ''non servono lavoratori a basso costo''.

    RispondiElimina