Ci sono canzoni che sono più che canzoni, strofe e testi che hanno scritto una pagina della storia del nostro Paese meglio di mille libri.
"Generazione '78" è una di queste canzoni, il manifesto di una generazione (quella che ad essa dà il titolo) intesa forse -ci piace pensarlo- non solo in termini biologici ma anche ideali, nel senso di quelle "idee da me difese" così mirabilmente tracciate con stile impersonale da Julius Evola nei suoi scritti, le idee che in un modo o nell'altro molti ancora oggi cercano di difendere nel buio assoluto di un'età senza senso.
Allora forse è anche a questi "molti" che nel '78 erano bambini, o che come chi scrive nemmeno erano nati, che si rivolge in parte questa canzone di Francesco Mancinelli, di cui a seguire riportiamo il testo (il brano è ascoltabile in homepage: cogliamo l'occasione per ringraziare Francesco di averci accordato il permesso di pubblicarla sulla piattaforma myspace, con la precisazione che "in ogni caso Generazione '78 appartiene al mondo della militanza, appartiene alla storia delle "piccole tempeste d'acciaio", e non a me").
"Generazione '78"
da Cantieri Ruggenti, Area 2000
E ti svegli una mattina e ti chiedi cosa è stato,
rigettare i tuoi pensieri sulle cose del passato,
prendi un fazzoletto nero che conservi in un cassetto.
Cominciava tutto un giorno, forse un giorno maledetto,
frequentando certa gente di sicuro differente,
è un battesimo di rito con il fiato stretto in gola,
quando già finiva a pugni sui portoni della scuola,
e inciampare in un destino che ti cresceva dentro da bambino,
ed un ciondolo d'argento che ti tieni intorno al collo,
odio e amore per cercare di capire una logica ideale,
una logica ideale a cui ciecamente credi.
E tua madre piange sola e ti osserva dietro i vetri,
perché sa che non perdona questa guerra,
perché sa che non ha pace la sua terra
Un partito, vecchia storia, un'eredità che scotta,
nell'ambiguità di sempre come un senso di sconfitta,
e ignorare circostanze, giochi assurdi di potere,
che ne sai di quel passato di nostalgiche illusioni,
di un confronto che da sempre si è attuato coi bastoni?
E sentirsi viver dentro, a vent'anni, all'occasione,
per cercar di dare un senso alla tua Rivoluzione.
Poi una sera di gennaio resta fissa nei pensieri,
troppo sangue sparso sopra i marciapiedi
e la tua generazione scagliò al vento le bandiere,
gonfiò l'aria di vendetta senza lutto, né preghiere,
su quei passi da gigante, per un attimo esitare,
scaricando poi la rabbia nelle auto lungo il viale,
fra le lacrime ed i vortici di fumo,
da quei giorni la promessa di restaretutti figli di nessuno.
Pochi giorni di prigione ti rischiarano la vista,
Pochi giorni di prigione ti rischiarano la vista,
dimmi, come ci si sente, con un'ombra da estremista?
Cosa provi nelle farse di avvocati e tribunali?
Ed Alberto che è finito dentro l'occhio di un mirino,
la Democrazia mandante, un agente l'assassino.
E Francesco che è volato sull'asfalto di un cortile,
con le chiavi strette in mano, strano modo per morire.
Braccia tese ai funerali ed un coro contro il vento,
"oggi è morto un Camerata ne rinascono altri cento".
E il silenzio di un'accusa che rimbalza su ogni muro,
questa volta pagheranno te lo giuro
Poi la sfida nelle piazze ed i sassi nelle mani,
Poi la sfida nelle piazze ed i sassi nelle mani,
caroselli di sirene echi sempre più lontani,
quelle bare non ancora vendicatele ferite quasi mai rimarginate.
Ma poi il vento soffiò forte, ti donò quell'occasione,
di combattere il sistema in un'altra posizione,
tra la fine del marxismo e i riflussi del momento,
costruire il movimento tra le angosce dei quartieri.
Ed un popolo, una lotta chiodo fisso nei pensieri
e generazioni nuove in cui tu credevi tanto.
Poi quel botto alla stazione che cancella tutto quanto.
E al segnale stabilito si da il via alla grande caccia,
i fucili che ora puntano alla faccia,
le retate in grande stile dentro all'occhio del ciclone,
tra le spire della santa inquisizione.
Poi le tappe di una crisi, di una storia consumata,
di chi trova la sua morte armi in pugno nella strada,
di chi viene suicidato in una stanza di chi scappa
di chi chiude nei cassetti anche l'ultima speranza.
E ti svegli una mattina, sulle labbra una canzone,
e l'immagine si perde sulla tua generazione,
quei ragazzi un po' ribelli un po' guerrieri,
che hanno chiuso nei cassetti e dentro ai cuoritanti fazzoletti neri.
ASCOLTALA!
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