mercoledì 11 agosto 2010



La lettera del dottor Giuseppe Mazzariello

Un brivido ha percorso la mia persona quando, la mattina dell’otto agosto, passando per il viale principale della piccola frazione di Valle, e poi per la centralissima via Roma, ho avuto la sorpresa di trovare affissi due striscioni, che in un giorno tanto triste per il familiari, rendevano omaggio ad un giovane Cervinarese sconosciuto a molti ma, per fortuna, non a tutti.
Parlo di Antonio Sacco, vittima dell’immane disastro della miniera di Marcinelle in Belgio, occorso l’08-08-1956; per tutti il più giovane minatore perito in quel lontano e nefasto giorno.
Aveva appena quattordici anni quando, sprezzante del pericolo, iniziò a calarsi nelle viscere della terra per estrarre carbone.
Purtroppo non tutti sono a conoscenza del fatto che egli, come tantissimi altri connazionali, si recò in Belgio al seguito della sua famiglia, in virtù di un accordo tra la nostra nazione ed il paese di destinazione.
L’accordo prevedeva la cessione al nostro paese di un quantitativo di carbone in misura proporzionale al “materiale umano” fornito per lavorare nelle tantissime miniere.
Dunque anche grazie ad Antonio, ed ai tantissimi altri fieri connazionali, che nelle grandi città italiane, ma non solo, si potevano affrontare i rigidi inverni che furono.
Ma ancora.
Il sacrificio dei tanti connazionali rappresentò, a mio modesto avviso, anche la contro partita per quello che fu definito “il miracolo Italiano”. Infatti chi lasciava la terra d’origine per recarsi in quei lontani paesi, allo stesso tempo, inconsapevolmente, cedeva la possibilità di un lavoro nelle nascenti industrie Italiane.
Ho avuto modo di conoscere la figura di questo giovane soltanto grazie ai racconti di suo fratello, mio zio; ed ho avuto modo di apprendere le disumane condizioni di vita cui erano sottoposti i “maccaronì”. Sì, così venivano definiti gli italiani impiegati nelle miniere di quel lontano paese. Oltre alle terribili condizioni di lavoro, erano costretti a sopportare, quotidianamente, ordinarie vessazioni, forme di intolleranza e di discriminazione. Ho appreso, grazie a quei racconti, che non appena arrivati in Belgio gli Italiani venivano stipati in delle baracche già utilizzate, durante la seconda guerra mondiale, come campi di concentramento per i prigionieri tedeschi. Ma non solo. Prima di essere immessi nel “circuito produttivo” dovevano anche subire una forma di “profilassi”.
Il desiderio di Antonio, come mi è stato raccontato, era quello di tornare un giorno nel suo paesino d’origine, Valle. L’unico modo per accontentarlo, purtroppo, fu quello di donargli la sepoltura nel cimitero cervinarese ove, ancora oggi, riposa in un pressoché “anonimo” loculo.
Ecco perché ho provato una profonda emozione nel vedere che non solo i suoi diretti familiari serbano ancora un vivo ricordo per questo simbolo Cervinarese.
Con la presente, dunque, voglio ringraziare i giovani Cervinaresi di casa pound, autori del generoso gesto di riconoscimento, tanto più gradito in quanto manifestato nei confronti di chi non potrà, almeno in maniera diretta, dire loro grazie.
La speranza è quella che un giorno, affinché gli anziani non dimentichino ed i giovani imparino, sia dato concreto e tangibile riconoscimento al nostro compaesano, che può essere considerato il simbolo del sacrificio del lavoro Italiano nel mondo.
A nome di tutta la famiglia Sacco, ed in particolare di Agostino Sacco, mi faccio latore di un sentito, profondo e vivo grazie.


Dr. Giuseppe MAZZARIELLO

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