giovedì 10 gennaio 2008

ALBERTO! 10 GENNAIO 1979

ITALIA


Una storia diritta e pesante che segue la strada
coperta di stracci
la tua bocca veloce e furtiva
che segna una vita ancora da vivere
e i tuoi amici che stanno tranquilli
c'è tua madre che porta il caffè.
Da domani sul muro il tuo nome
ed in piazza il tuo cuore

La partita al pallone e la scuola
un sette in condotta e un tre in religione
un liceo tra i più caldi di Roma
quest'anno sarò rimandato in latino
la domenica corri allo stadio
e la sera con gli amici del bar
chi l'avrebbe mai detto che
dopo ti avrebbero ammazzato.

Italia i tuoi figli non hanno
lacrime per piangere
Italia dimmi chi ti ha pagato per uccidermi
il tuo potere Italia non mi fa paura

E deserto la notte in bottiglia
e la discoteca già morta da un' ora
i tuoi inutili giochi a quest'ora
per spiegarle che in fondo le vuoi sempre bene
il tuo ultimo bacio ed un ciao
e le labbra più calde di te
oggi è morto un fratello
domani saremo più forti

E le auto bruciate e le mani
una piazza sepolta da mille bandiere
una donna che piange e un corteo
polizia a cavallo e una carica di yankees
tutto a un tratto il mio cuore non corre più
guardo dietro e ti vedo per terra
un poliziotto ha colpito alla nuca
un ragazzo che fugge.

Italia i tuoi figli non hanno
lacrime per piangere
Italia dimmi chi ti ha pagato per uccidermi
il tuo potere Italia non mi fa paura


Michele Di Fio', cantautore
1980

6 commenti:

  1. 10 GENNAIO 1979

    Cade Alberto Giaquinto

    A Roma l'atmosfera e tesa. Blindati e forze dell'ordine in tenuta anti sommossa, i ringhiosi si riuniscono in gruppi urlanti contro le provocazioni fasciste e per difendere la loro democrazia. Tutti i camerati cercano di convergere verso Acca Larenzia con cortei spontanei. La reazione dei tutori dell'ordine è immediata, feroce e spietata. Partono dei colpi d'arma da fuoco: ALBERTO GIAQUINTO (17 anni) cade ferito a morte alla nuca.


    La sera stessa dell'assassinio i telegiornali di regime trasmisero la notizia dipingendo Gianquinto come armato e pericoloso e fermato da un coraggioso agente di polizia, poi per altro condannato per quest'assassinio da un tribunale di questa repubblica.

    Poca importanza dette l’opinione pubblica all’autopsia e alle innumerevoli testimonianze che smentirono la versione ufficiale, la quale sosteneva che ALBERTO fosse armato, e che il "tutore dell’ordine" avesse "solo" risposto al fuoco del ragazzo, un fuoco ed un’arma che esistevano solo nelle menti di chi architetto quella ignobile messinscena.

    A tale proposito vi è la testimonianza di un militante di Democrazia Proletaria, che assistette all’omicidio, ed ebbe a dire quanto segue: "Poi ho sentito lo sparo ed ho visto un ragazzo a terra. Stava morendo, ma quei tipi hanno allontanato tutti i cittadini che volevano portargli soccorso; lo hanno lasciato sul selciato per più di venti minuti scosso come da brividi di freddo. Ricordo come tremasse quel corpo. Non aveva pistole né vicino né lontano da lui, quel ragazzo non aveva fatto niente per morire così! Noi siamo nemici del fascio però mica siamo assassini!".

    Dopo due ore di agonia, ALBERTO muore, mentre tre solerti agenti di pubblica sicurezza piombano in casa sua alla ricerca di chissà cosa; non trovano niente, se ne andranno scornati.

    Alla memoria del giovane Giaquinto fu intitolata una sezione del F.d.G. milanese, poi conosciuta come "La Giaquinto" che fu molto attiva tra la fine degli anni 70 fino al 82. La stessa "Giaquinto" pubblicò per qualche tempo una rivista militante.

    Ad Alberto Michele di Fiò dedicò una canzone "Italia"

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  2. …NEL TUO NOME

    “Abbiamo inteso la vita come un lungo, arduo percorso. Ad ogni battaglia un significato, ad ogni nome un ricordo, ad ogni lacrima la volontà di risorgere, insistere, credere. Abbiamo respirato, sofferto, gioito. Abbiamo essenzialmente vissuto assieme. Come oggi…tanti camerati in ricordo di Alberto. Quante volte abbiamo pensato a Lui…l’affissione del 10 gennaio, la Messa in suo onore, i fiori a Centocelle nel luogo dove Alberto cadde. E poi parole, immagini, ricordi…e quel sogno che nel suo nome si rinnova ogni giorno. Rivoluzione certo, parola grande, ardita, forte. Rivoluzione di stato, di uomini, di progetti. Tutto questo nel ricordo di Alberto. E di tanti Camerati caduti per un’Idea…una folle scelta…una strada di quel percorso che partito ieri, oggi arriva sino a noi. Vorremmo che questa presenza vincesse la retorica di un mondo che sovrasta spirito e materia. Vorremmo che oggi fossero smascherati i mercanti di ieri, i corrotti e chi compiacente ha voluto la sua morte. L’oblio del silenzio sovrasti costoro, chi attentò anche col vile silenzio all’esistenza della nostra gente, chi permise che un ragazzo di diciassette anni fosse colpito a morte da uno sciacallo di questo stato infame. Siamo qui Alberto…e che queste parole arrivino a te e alle orecchie dei potenti…arrivi la nostra sfida a chi, oggi come ieri, coprendosi con l’antifascismo ha versato nel mondo sangue purissimo, a chi dell’antifascismo ha fatto un valore di odio e di sopraffazione, a chi strisciando ha accettato tutto e in silenzio. Sappia il buio inghiottire le vostre anime vuote. In un anelito di vento la rabbia di sempre…un sospiro, un sorriso, una carezza…Alberto è qui.”



















    IL TUO CORAGGIO...



    Queste righe sono state scritte più col cuore che con la mente, ci abbiamo messo molto di noi, dei nostri vent'anni, del nostro idealismo, di questa giovinezza vissuta come sfida estrema all'abbruttimento contemporaneo. potenza di un ricordo, l'immediatezza di mille e mille brividi che ci attraversano l'anima per darci quel senso di tenacia e volontà difficilmente riscontrabili nel quotidiano esistere. Parlare di Alberto a più di vent'anni dalla sua morte è per noi riflessione spirituale, ma è soprattutto speranza proiettata al domani, speranza di gente che immagina un mondo migliore. Un mondo dove il sole della tradizione scacci il grigiore dell'appiattimento culturale, della corsa sfrenata al potere, un mondo dove ci siano uomini anziché macchine nate solo per mangiare, procreare, lavorare e svilirsi in silenzio.



    No. Tutto questo non basta.



    Serve pensare all'uomo del domani, al futuro delle nostre generazioni, alla convinzione di crescita intesa come continuità di idee, valori, posizioni, ricordi.Momenti come questo permettono le riflessioni, il fermare per un attimo le coscienze di ognuno, giunte sin qui dalla voglia di commemorare un fratello. Quel Fratello caduto in un'epoca di cui troppo poco si è parlato, di cui troppo poco si è capito. Lo scontro generazionale Destra contro Sinistra, gli opposti estremismi come logica di un potere corrotto che ha portato i giovani a vivere nella droga, nella solitudine, nello svilimento di anime divorate dell'arrivismo. Per tutto ciò ha valore ricordare perché il ricordo è testimonianza, viva, reale, inconfutabile. Ma ricordo è anche accusa, accusa pesante e ferma per una schiera di persone che hanno volutamente coperto l'infamia. L'infamia di chi ha armato la mano del tuo carnefice , Alberto. Schiavo e sciacallo di questo Stato che nella sua massima concezione "democratica", ha permesso il massacro di ragazzi pieni di tanti sogni e ideali purissimi.



    Tu sei stato l'eletto in una serie di meticci degradati che hanno subito in silenzio le scelte di giudici, politici, magistrati, avvocati, pseudo-rivoluzionari con in testa un mondo fatto solo di carta patinata. Alberto è sempre stato un ricordo in movimento, un pensiero continuo, un compagno di viaggio in quel sentiero che noi abbiamo bene a mente e che un giorno sarà baciato dal sole. Ci hanno insegnato ad essere felici e leali, ci hanno soprattutto indicato una strada nessuno può dirci se è quella giusta, ma l'abbiamo imboccata senza ripensamenti, fedeli all'antica battaglia.



    Son passati più di vent'anni e molti di noi neppure conoscendoti ti sentiamo qui, probabilmente sarai nelle note dei concerti che organizziamo ogni anno in tuo onore, oppure attaccherai insieme a noi i manifesti simbolo della ribellione; oppure più semplicemente seguirai incuriosito il nostro indaffarato arrangiarsi in un coacervo di emozioni a tratti indescrivibili. Chissà se perdonerai questo slancio emotivo, questo credere che tutto abbia ancora un senso, questo voler vivere da camerati tra camerati, questo essere ancora irrazionali e irascibili. Vogliamo sentirci in dovere di provare a resistere ai richiami del buio, alle mille storie malate, vogliamo avere il coraggio di sottrarci alle inutilità, al banale, all'odio come sentimento, allo sfornare pensieri immorali, alla mancanza di rispetto.



    Probabilmente ci commuoveremo di nuovo. Senza retorica, né vergogna.



    Ricordando Alberto, ricordando il suo coraggio


    tratto da www.cmostia.org

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  3. Alberto Giaquinto
    Diciassettenne, ventisei anni fa veniva assassinato a freddo.

    È stato riconosciuto vittima del terrorismo. Di Stato ovviamente.

    Mercoledì 10 gennaio 1979, è passato un anno dalla strage di Acca Larentia. Ad un anno di distanza i colpevoli sono ancora liberi di colpire impunemente; gli animi sono già caldi e la situazione è tesissima, la polizia ha infatti vietato un corteo silenzioso nel centro di Roma. Quartiere Centocelle: cè una sede della D.C., è lì che i giovani hanno deciso di urlare la loro rabbia, contro quel simbolo di tante angherie e ingiustizie. Finita senza incidenti la manifestazione, i ragazzi cominciano ad allontanarsi, solo il diciassettenne Alberto ed un suo camerata si attardano; sopraggiunge una macchina civile della polizia, una 128 bianca, dalla quale scendono due agenti in borghese che cominciano a seguirli. Improvvisamente uno dei due, Alessio Speranza, si piega sulle ginocchia, come si fa al tiro a segno, tenendo la pistola a due mani, puntando con calma, spara un colpo che raggiunge Alberto alla testa. Gli assassini spostano la loro macchina, in modo da proiettare i fari su Alberto che sta morendo. Esattamente alle ore 20:30, due ore e 18 minuti dopo il ferimento, Alberto muore. Nello stesso istante in cui Alberto moriva, la sua casa veniva oltraggiata da una perquisizione senza un ordine scritto, effettuata da sgherri del sistema che mettevano a soqquadro la casa, cercando non si sa bene cosa; non contenti di ciò banchettarono con disinvoltura nel salone.

    Da quel momento in poi la rabbia non sarà più contenuta. Giaquinto dopo Recchioni: risponde la stagione dei Nar.

    Un testimone oculare, Massimo Morsello, dopo ripetute minacce volte a farlo ritrattare, viene incriminato per incendio e devastazione e condannato a dieci anni di reclusione: il doppio di quanto si dà abitualmente ad un pedofilo.

    Questo il clima. Queste le autorità di allora. Da poco più di un anno a questa parte è stata resa una giustizia formale alla famiglia Giaquinto. Alberto è stato dichiarato vittima del terrorismo. Di stato ovviamente.
    scritto da Iron

    provo profonda tristezza x tutte queste morti...vorrei poter conoscere meglio le storie di vita di questi martiri per apprezzare ancora di più i lati belli di questi eroi.

    scritto da marco

    Ero con Alberto quel giorno come tanti altri ragazzi......ricordo solo tanta,tanta pura ci salvò Angelo MAncia che girò una vettura mettendola di fianco dietro la quale potemmo ripararci dagli spari della polizia,Alberto era disarmato,non l'ho visto ma ne sono sicuro un abbraccio dal cuore Marco

    scritto da Marco


    ....stupendo, non ho parole.....una lacrima.

    scritto da davide

    ero un'amica di alberto.ci conoscevamo già da due anni e avevamo passato l'ultima estate insieme.e proprio in quella bellissima estate gli avevo presentato una mia amica che poi diventò la sua ragazza.ricordo alberto come se fosse qui davanti a me. un ragazzo generoso, pieno di vita, sempre pronto ad aiutare il prossimo.lui non era un militante. era solo un ragazzo di quei tempi. all'ora o si era di destra o di sinistra.era difficile capire da soli.era l'ambiente che ti imponeva di schierarti da una parte o dall'altra. ricordo benissimo quello che successe il 10 gennaio. io non ero alla manifestazione ma cari amici in comune che erano lì con lui mi hanno raccontato che ad alberto fu sparato alla testa di spalle mentre correva, da un poliziotto che si inginocchiò per prendere la mira. alberto non era armato, alberto non avrebbe alzato neanche un dito verso un altro essere umano, alberto aveva 17 anni.alberto aveva davanti a sè tutta una vita.
    alberto ti voglio bene e rimarrai sempre nel mio cuore
    Viola

    tratto da http://kaliyuga.blog.excite.it

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