sabato 1 dicembre 2007



"Bologna 2 agosto 1980, salta in aria la sala di attesa della stazione ferroviaria. Esclusa l’accidentalità dell’esplosione, viene accreditata immediatamente una tesi ufficiale: strage nera.

Le indagini procedono sin dall’inizio in un’unica direzione. Altre piste rimangono trascurate. L’inchiesta viene esposta di continuo a tentativi di inquinamento, volti a corroborare l’ipotesi dell’attentato neofascista. La vicenda giudiziaria sembra essersi conclusa l’11 aprile 2007 con la condanna definitiva di Ciavardini, ritenuto responsabile dell’eccidio bolognese al pari di Fioravanti e Mambro. Ma la stragrande maggioranza degli osservatori del processo – senza distinzioni politiche - considera innocenti i tre ex militanti dei Nar.

Per quali ragioni il governo sposò a priori un’unica ipotesi investigativa?

Perché i depistaggi coinvolsero solo esponenti dell’estrema destra?

Massimo Sparti fu un teste genuino o l’autore di un tentativo di sviamento andato a buon fine?

Quali motivi impediscono ancora oggi di conoscere mandanti e moventi della strage di Bologna?

Il libro-intervista a Valerio Cutonilli - portavoce del “comitato l’ora della verità” – vuole rappresentare un invito a riflettere sui numerosi quesiti rimasti irrisolti. Tali interrogativi non si limitano a suscitare divisioni sempre più aspre all’interno della società italiana.

Essi costituiscono un ostacolo insormontabile per l’edificazione di quella “memoria condivisa” che dovrebbe caratterizzare un paese civile.

tratto da: http://www.loradellaverita.org/

Ancora ingiustizie.
LUIGI, TI SIAMO VICINI!
CMC 451

1 commento:

  1. Da sinistra risponde uno squillo
    A Faenza Rifondazione Comunista ha tenuto un pubblico dibattito sulla strage di Bologna sostenendo le ragioni di Luigi Ciavardini e dei suoi coimputati
    “La verità, la verità è come il vento…lo puoi rallentare ma non lo puoi fermare! Mi aspetto che sia così anche per la strage di Bologna, oltre che per gli altri misteri italiani” così ho dichiarato ai presenti a conclusione della serata.

    Io, Raffaele Morani, segretario faentino del PRC, parafrasando volutamente un noto testo della destra radicale, ho così voluto spiegare a chi me lo chiedeva, cosa mi aspetto dopo la serata di presentazione del libro di Andrea Colombo “Storia nera, Bologna la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti”, tenutasi a Faenza (Ra) il 19 novembre con la partecipazione dell’autore stesso e del senatore del PRC Martino Albonetti.

    L'iniziativa, da me fortemente voluta anche a seguito dei tantissimi interventi contrari al libro all’interno del mio partito, era organizzata dal circolo faentino del Partito della Rifondazione Comunista, e ha visto la partecipazione di un numeroso pubblico interessato a conoscere la verità su Bologna come su altri misteri della nostra storia.

    Per la prima volta in assoluto, un partito di estrema sinistra ha presentato un libro di un autore chiaramente di sinistra, la cui tesi di fondo è che le sentenze del tribunale che hanno portato alla condanna definitiva di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini non stanno in piedi e i colpevoli vanno cercati altrove.

    La presentazione del libro ha suscitato a sinistra forti polemiche, alcune legittime critiche politiche e anche insulti personali nei confronti del segretario faentino del PRC, ma si è svolta in modo civile, con la partecipazione di un pubblico prevalentemente di sinistra, con l’eccezione di alcuni esponenti di AN e Fiamma Tricolore, presenti a titolo personale e che ho ringraziato per la partecipazione. Introducendo la serata e rispondendo alle

    critiche e agli insulti ricevuti ho iniziato affermando che “una sinistra che non avesse a cuore la giustizia per tutti, anche per gli avversari, avrebbe poca ragione di esistere. Non dimentichiamo inoltre che Mambro e Fioravanti sono in semilibertà, ma Luigi Ciavardini ha iniziato a scontare la sua pena adesso, e sono 30 anni di carcere da fare, per un reato di cui probabilmente è innocente”.

    La parola è poi passata al sen. Martino Albonetti, che apprezzando il libro ha riconosciuto come sia giusto e lecito indagare sui misteri italiani, il limite è che “come dice il sottotitolo, si tratta pur sempre della verità secondo Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. La loro probabile innocenza sulla strage di Bologna non mette affatto in discussione la verità storica sulla matrice neofascista delle stragi degli anni ’70. Bisogna anche riconoscere, come fa Colombo nel libro, che la violenza politica non era solo di destra, ma c’era

    anche a sinistra. A sinistra non si deve comunque mai avere paura di discutere del passato.”

    E’ poi intervenuto l’autore del libro Andrea Colombo, ex militante di Potere Operaio, già editorialista de Il Manifesto, ora di Liberazione nonché portavoce di Rifondazione Comunista al Senato, che ha illustrato su cosa si basa la sentenza per la strage di Bologna concludendo come sia un processo con un solo testimone inattendibile (Sparti), un cumulo di indizi labili o inesistenti, “come la famosa telefonata che incastrerebbe Ciavardini e di cui non esistono prove certe che sia stata fatta, la sconcertante chiamata in correità per sentito dire di Angelo Izzo, mallevadore di pentiti e trattato con molti riguardi dalla magistratura, più intenta a trovare puntelli al suo traballante teorema di colpevolezza piuttosto che a cercare veri riscontri nelle sue dichiarazioni.”

    Sentenze di condanna di colpevoli di comodo (Mambro, Fioravanti e Ciavardini), magari per affossare le tante piste alternative illustrate da Colombo: il probabile avvertimento di Gheddafi, il bis di Ustica, l’incidente di percorso degli uomini del terrorista internazionale Carlos che forse stavano solo facendo transitare l’esplosivo.

    Sentenze debolissime in quanto a prove, fatti, riscontri, moventi e mandanti ma difese a spada tratta da molti ambienti come ad esempio la magistratura bolognese, l’Associazione Familiari delle Vittime, sebbene molti magistrati, anche di sinistra, in privato riconoscano le incongruenze e le debolezze delle sentenze di condanna.

    L’analisi di Colombo si è poi spostata sul rapporto tra violenza e politica, ricordando come il nesso fosse allora inscindibile, a destra come a sinistra, “dobbiamo riconoscerlo, se non si ammette che la violenza è stata parte integrante anche di noi, potremmo ripetere quegli errori. Uno dei motivi, per spiegare la violenza degli anni ‘70 probabilmente è da ricercare nel fatto che la guerra di Liberazione, la Resistenza fu anche guerra civile, questo nodo

    va affrontato”

    Tornando all’argomento principale della sua ricerca, Andrea Colombo ha descritto l’ambiente della destra radicale della Roma anni ’70, la genesi dei Nar, “nati in rottura e contrapposizione con il MSI e i gruppi extraparlamentari Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, collusi coi servizi segreti deviati e partecipi della strategia della tensione”.

    La parola è poi passata al pubblico, e qui la prima sorpresa: ai prevedibili apprezzamenti dei militanti di destra presenti si sono aggiunti anche quelli di molti dei militanti di sinistra intervenuti. Giudicando positivo lo spirito dell’iniziativa, qualcuno ha anche detto “cerchiamo la verità sul G8 di Genova, perché non chiederla anche per la strage di Bologna, oltre che per le altre stragi”.

    Non sono mancati i toni polemici, rimasti però sempre sul piano della correttezza e civiltà, quando il capogruppo del PRC al consiglio comunale faentino è intervenuto per ribadire con forza le sue perplessità sulla giustezza dell’iniziativa, oltre che il suo rifiuto dell’equiparazione tra vittime di destra e di sinistra, per non parlare poi della definizione della guerra di Liberazione come guerra civile.

    A queste critiche ho risposto semplicemente che già Luigi Cipriani, deputato di DP nel 1990 dichiarava che dalla lapide alla stazione di Bologna bisognava togliere le parole “strage fascista” perché “fa parte del depistaggio operato sulla strage di Bologna…..che ha molto più a che fare con Ustica e i rapporti tra Italia, Francia, Stati Uniti, i servizi occidentali e le strutture segrete. Su quella lapide bisogna scrivere “Strage di Stato”. Riguardo poi al giudizio sulla Resistenza, il mio giudizio è chiaramente positivo, ma fu anche una guerra civile, il mio è un giudizio su un fatto storico irripetibile, altri ne hanno un giudizio diverso, che male c’è? Sulle vittime degli anni ’70, pensiamo ad es. al compagno Valerio Verbano, ammazzato dai Nar a 18 anni e al giovane di destra Mario Zicchieri, ucciso a fucilate a 16 anni, le loro idee non erano uguali, ma il dolore delle loro madri è uguale, la dignità che hanno mostrato nell’affrontare quelle tragedie personali è uguale, la voglia di giustizia per quei delitti come per tutti gli altri misteri italiani è uguale, ed è quello che conta per me.”

    La serata si è così conclusa , direi che l’auspicio conclusivo di molti dei presenti si può riassumere in poche parole: “giustizia per le vittime, verità per le stragi, no ai teoremi o alle verità di comodo”.


    Raffaele Morani, segretario PRC di Faenza

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